Pare che tutti, almeno una volta nella vita, provino un attacco di panico (magari senza nemmeno esserne consapevoli).
E allora cosa fare, quando capita di ritrovarsi in quella fastidiosa, familiare, irritante sensazione di oppressione al petto? Quando il cuore batte all’impazzata e l’aria sembra non bastare, l’ossigeno pare irraggiungibile e la testa si fa leggera… mentre magari le gambe iniziano a tremare, le mani a sudare, lo stomaco a chiudersi e tu non hai tempo di pensare al testamento che già ti vedi lungo disteso a terra, morente o in procinto di impazzire.
Niente paura. Niente paura. Ci pensa la vita, mi han detto così…
… recitava un cantante italiano.
Niente paura, si tratta solo di paura, e come tale, si può affrontare, dico io. Vediamo come. Ma prima, vediamo nello specifico che cos’è questo famigerato attacco di panico:
L’ AdP costituisce un particolare ed improvviso tipo di risposta alla paura, determina disagio intenso e raggiunge il picco in pochi minuti. L’attenzione è tutta focalizzata sugli stimoli interni corporei (palpitazioni, sudorazione, pensieri…) e su quelli esterni che potrebbero essere fonte di minaccia (situazioni, persone, luoghi).
Gli attacchi possono essere attesi/situazionali (legati a situazioni, contesti o elementi specifichi che ne determinano lo scatenarsi) o inaspettati, e tra questi ultimi possono esserci gli attacchi notturni, ovvero sperimentare panico durante il sonno e risvegliarsi in quella condizione (NB: l’attacco di panico successivo al completo risveglio e quindi non innescato durante il sonno non rientra negli attacchi notturni).
La percezione soggettiva della durata dell’attacco non collima con quella oggettiva e oggettivabile: il tempo si dilata e il panico sembra durare ore. Durante questa esperienza, si verificano quattro o più dei seguenti sintomi:
- Palpitazioni, cardiopalmo o tachicardia.
- Sudorazione
- Tremori fini o grandi scosse.
- Dispnea o sensazione di soffocamento.
- Sensazione di asfissia.
- Dolore o fastidio al petto.
- Nausea e disturbi addominali.
- Sensazione di vertigine, di instabilità, di “testa leggera” o di svenimento.
- Brividi o vampate di calore.
- Parestesie.
- Derealizzazione o depersonalizzazione.
- Paura di perdere il controllo o di impazzire.
- Paura di morire.
(Tratto dal DSM-5, 2014)
Stando a quanto riportato sopra, durante un attacco di panico si possono sperimentare una serie di sintomi spiacevoli. Come fare per bloccarli?
- Provare a respirare lentamente, con il diaframma (la cosiddetta respirazione di pancia), in un ciclo da 8 secondi: 3 secondi per inspirare, 1 secondo si trattiene il fiato, 3 secondi per espirare, 1 secondo si attende prima di reintrodurre aria nei polmoni. contemporaneamente si cerca di gonfiare al massimo la pancia nell’atto inspiratorio e di svuotarla nell’espiratorio.
- Respirare in un sacchetto di carta (si, esatto, come nei film!). Questo perché dopo 4-5 cicli respiratori, anche rapidi, all’interno di un sacchetto, il livello di Anidride Carbonica nel sangue è nuovamente bilanciato, permettendo così una diminuzione della tensione ed un ritorno allo stato di calma.
- Guardarsi intorno, trovare 5 cose che si possono vedere, 4 cose che si possono toccare, 3 cose che si possono sentire, 2 cose che si possono odorare e una cosa che si può assaggiare. Questa tecnica è chiamata “Ancoraggio“, e può aiutare quando si ha la sensazione di aver perso il controllo.
- Concentrarsi sulle dita di un piede, provare a muoverle all’interno della scarpa, percepire le diverse sensazioni che ogni dito trasmette: dolore, fastidio, formicolio… e rimanere focalizzati almeno un paio di minuti sulle dita. Muoverle alternativamente, aprirle, chiuderle, stirarle, costringerle. Questo aiuta a spostare l’attenzione dagli stimoli interni (tachicardia, respiro affannato, tremori) ad uno neutro, ed aiuta ad abbassare i livelli di attivazione.
- Distrarsi e concentrarsi su stimoli esterni come persone, film, video, traffico…
- Odorare della lavanda, del caffè, sostanze pungenti e persistenti.
- Toccare qualcosa di freddo.
- Toccare qualcosa di ruvido, pungente, bitorzoluto… descriverne la superficie e focalizzarsi sulle sensazioni che il tocco si lascia. Queste ultime tecniche servono per riportare al momento presente e sono altre forme di “Ancoraggio“